Senza Nome - Ulisse lyrics
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(testo: S.Onorati – musica: E. De Marzi) Vento in poppa, leva l'ancora! Vele al vento! Giàcammina l'orizzonte verso me mi saluta il porto con le sue certezze cancellate dalla spuma delle onde Sensazioni e sentimenti mi tormentano e le idee mi danno infelicitàma il dolore interiore e circostante giàsottende la mia precarietàMi potrebbe esser d'aiuto perlomeno scaricarne le responsabilitàma i Ciclopi e le Sirene - in cui mi imbatterò li ho creati e li combatto dentro me E si afferma in quella consapevolezza quest'angoscia verso la mia nullitàma scappare via non servirebbe a niente e parlarne forse meno… chi lo sa! Angosciare i miei compagni dei miei dubbi o tacere e tenerli tutti in me o convincerli illudendomi da solo che son frutto della mia volontàAvrei voglia che fossero tumori cellule impazzite dentro la realtàcome un sasso che blocca un ingranaggio una parte di universo - che si ribella a sé Fuggirebbero i miei dubbi un po' dal gioco anche tutto quanto il male accetterei se potessi fare conto almeno un poco su di un'ombra di creativa libertàsmetterei di domandarmi “Dove sono?†se sto andando nella direzione giusta anche in un'esistenza così angusta il malessere sussurra che ci sei e il problema ancor più grande è proprio questo che non credo in fondo più alla libertàed in me si è innescato un meccanismo tale che indietro non ci torno più "O frati", dissi, "che per cento milia perigli siete giunti a l'occidente, a questa tanto picciola vigilia d'i nostri sensi ch'è del rimanente non vogliate negar l'esperïenza, di retro al sol, del mondo sanza gente. Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". Li miei compagni fec'io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti; e volta nostra poppa nel mattino, de' remi facemmo ali al folle volo, sempre acquistando dal lato mancino. Tutte le stelle giàde l'altro polo vedea la notte, e 'l nostro tanto basso, che non surgëa fuor del marin suolo. Cinque volte racceso e tante casso lo lume era di sotto da la luna, poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, quando m'apparve una montagna, bruna per la distanza, e parvemi alta tanto quanto veduta non avëa alcuna. Noi ci rallegrammo, e tosto tornò in pianto; ché de la nova terra un turbo nacque e percosse del legno il primo canto. Tre volte il fé girar con tutte l'acque; a la quarta levar la poppa in suso e la prora ire in giù, com'altrui piacque, infin che 'l mar fu sovra noi richiuso". (Divina Commedia - Inferno XXVI - vv. 112-142) Allora issatemi la randa! Avanti tutta! con la prua diritta alle colonne d'Ercole consapevole della mia morte certa affrontando quel destino che non scelsi Ed il cuore mio rimpiangeràPenelope quando questa nave precipiteràe la sete di sapere avràla meglio nel momento in cui con me lei finiràDovrò rinunciare ad Itaca sereno dovrò ammettere che l'isola non c'è senza bussola non si esce dall'oceano quando le correnti ormai ti sono contro La tua rotta e il tuo cammino sono persi se non tieni sempre in mente dove vai se la meta del tuo viaggio non ricordi se la meta non l'hai conosciuta mai